di Molière | regia Luca Micheletti
"Purgatus nell'oratio, misura d'orifitio, susseguit medicatio, quia rosa rosae incipit, saecula saeculorum…"
Le Médecin malgré lui di Molière è fatto seguire dalla farsa giovanile del Médecin volant. A fare da "contenitore" ai due copioni, un terzo testo, che poi non è altro che una traduzione in inglese del primo (Le Médecin malgré lui): si tratta del Mock Doctor di Henry Fielding. Quest’ultimo, romanziere e commediografo, rilegge la farsa molièriana in chiave di “ballad-opera”, la riscrive in un atto, riassetta l’ordine delle scene, taglia alcuni personaggi; e, naturalmente, ci aggiunge delle canzoni, così come accade nella arcinota coeva Opera del mendicante di John Gay. Lo studio che ha condotto allo spettacolo si è concentrato sul recupero della "traccia Molière" in una topica comica fortunatissima come quella del falso medico. Il risultato è una gran farsa, spensierata, turlupinesca, sorniona. Appena due mesi prima del debutto del Médecin malgré lui (6 agosto 1666 - una commedia diabolica solo nella data!), Molière chiudeva il suo Misantropo col moralismo accigliato di un ennesimo pazzo più savio dei savi: "Tradito da ogni parte, sommerso dalle ingiustizie, me ne andrò da questo abisso in cui trionfano i vizi". Ma altro è lo spirito che sigilla Il medico per farsa; e se rimane qualcosa della severità posata del creatore di Alceste, il tono di Molière non ha ora più nulla di eremitico e ha acquistato un velo di popolare sentenziosità buontempona. E viene in mente il Grillo Parlante, mai più a proposito: "io dico che il medico prudente, quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto".